L’orologio della vecchia signora

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Quell’orologio non funzionava da anni, eppure la vecchia signora lo osservava sempre, traendone non solo informazioni utili alla gestione delle proprie giornate, ma anche un inspiegabile conforto, come se la consultazione le consentisse di prevedere serenamente la successione degli eventi. L’oggetto, del quale ella era visibilmente più giovane, apparteneva addirittura a sua madre, scomparsa almeno da vent’anni: sebbene l’ora fosse ovviamente sbagliata, per lei era quella corretta. Di conseguenza, era solita organizzare ogni cosa secondo quell’esemplare inesattezza.

Se qualcuno l’avesse seguita molto da vicino, l’avrebbe considerata pazza. Al contrario, la signora era del tutto normale, priva d’ogni sorta di difetto mentale. L’unica evidenza era questa, che le lancette erano immobili. A causa di tale schiacciante evidenza della logica, ora o in qualsiasi altro momento, potremmo chiederci: com’è possibile regolare le proprie azioni in funzione d’un orologio in cui, per esempio, leggiamo sempre le tre del pomeriggio? Pur accettando le imprecisioni, dovremmo fare uno sforzo notevole per tenere in mente il tempo d’origine, che, comunque, ci allontanerebbe nettamente da tutti coloro assieme ai quali decidessimo di stare. Stando in casa, la fatica potrebbe ridursi e, forse, saremmo solo costretti a tornare spesso in cucina per fissare la parete e fare qualche calcolo. Sì, come s’è già intuito, il cimelio si trovava in cucina e aveva ormai l’aspetto di un quadro vecchio e impolverato. A ogni modo, bisogna capire che ciò che potrebbe risultare bizzarro e complicato per noi, per lei, diversamente, era naturale e regolare. L’anziana signora usciva da casa senza preoccuparsene affatto. Se, secondo i suoi calcoli, erano le venti, non esitava a recarsi al ristorante per la cena. Nella sostanza, poteva accadere che fosse notte o stesse per albeggiare.

Una volta, la nostra signora uscì proprio nel cuore della notte allo scopo di andare a far visita a un’amica. In effetti, dopo che ebbe varcato il confine del proprio giardinetto, si rese conto che tutto attorno a lei era avvolto nel buio pesto. Sulle prime, si sentì  un po’ confusa perché immobilità e silenzio, che facevano da sfondo alla sua intrapresa, le sembrarono atipiche, quasi sorprendenti. Si badi bene: atipico e sorprendente era tutto l’ambiente circostante, non il suo comportamento! Insomma, ella aveva compreso perfettamente l’errore di calcolo, ma per niente al mondo avrebbe mai modificato l’itinerario o rinunciato ai propri obiettivi, cosicché, anche quella notte, procedette spedita e risoluta verso l’abitazione dell’amica: in lei, l’audacia aveva sempre la meglio sulla perplessità.

Non impiegò molto per raggiungere la metà; d’altronde, la malcapitata abitava a poco meno di un chilometro da lei. Quando fu arrivata, prima di suonare il campanello, sembrò ancora indecisa. Tuttavia, l’esitazione durò pochi istanti: di fatto, si trattenne per poco, giusto il tempo di rassettarsi la camicia, prendere uno specchietto dalla borsa e dare un’occhiata al belletto.  Dopodiché, spinse con forza il dito sul pulsantino, a tal punto che sembrò volesse sfondarlo. Qualche minuto dopo, dal citofono s’udì una voce cavernosa e, chiaramente, rallentata e appesantita dal sonno, quasi provenisse dall’oltretomba: “Chi è?”. La domanda non nascondeva una certa paura. La vecchia signora, però, non ne fu intimidita, anzi ne ebbe sollievo: “Sono io, cara” disse beatamente. Trascorsero altri minuti di silenzio, che, nella notte, come sappiamo, sono infiniti.

Cosa pensate che abbia fatto la nostra protagonista nel frattempo? Nulla, fuorché suonare il campanello per la seconda volta e con maggiore intensità che in precedenza: sfacciata e irrefrenabile. A quel punto, si sentì il portone aprirsi. La vecchia signora entrò e si diresse lentamente verso le scale.

Ciascuno di noi sarebbe stato parecchio imbarazzato, avrebbe pensato allo sguardo dell’amica che ci aspettava sulla soglia di casa. Ma la nostra signora non pensava a tutto questo perché non se ne curava, perché certi stati o condizioni dell’animo non appartenevano al suo sistema di pensiero. Praticamente, ella suddivideva il mondo in due categorie: ciò che apparteneva al suo tempo e, per questo, guadagnava senso e validità, e, semplicemente, tutto il resto, che poco le interessava.

Di là dalle nostre riflessioni, molto lentamente, la vecchia signora giunse al terzo piano dell’edificio. Prima di superare gli ultimi gradini, si fermò ancora una volta. Era così vicina all’appartamento che l’amica poteva sentirla respirare. Chiunque scambiasse per incertezza questa pausa commetterebbe un errore: doveva solo riprendere fiato. In effetti, le ci vollero pochi istanti per rimettersi in movimento e trovarsi faccia a faccia con la sventurata amica.

“Buongiorno, mia cara!” disse amabilmente la vecchia signora. L’amica era già alquanto abituata a certe bizzarrie; non era la prima volta in cui si verificava qualcosa di anormale. Questa volta, tuttavia, le aveva superate tutte. A ogni modo, l’amica la lasciò entrare, limitandosi a seguirla con lo sguardo. D’altronde, non avrebbe potuto opporle resistenza perché l’ospite marciava come un treno, senza preoccuparsi dello stupore altrui. In sintesi, l’incontro tra le due donne fu molto meno avvincente di quanto si potesse immaginare. La proprietaria di casa, come abbiamo visto, era pure incapace di rispondere al saluto. Entrambe si recarono meccanicamente in salotto, si sedettero l’una di fronte all’altra e si scrutarono per un po’, quasi volessero studiarsi: difficile a dirsi cosa passasse per la loro testa.

Fu ancora una volta la vecchia signora a prendere la parola, senza tenere in considerazione, ovviamente, lo stato d’animo di chi le stava innanzi. Parlò della calura estiva, delle gratificanti attività dei propri figli, dei quali era orgogliosa, illustrò dettagliatamente i piatti preparati negli ultimi giorni e, soprattutto, descrisse quelli che avrebbe voluto preparare nei giorni a venire. Nel frattempo, non s’avvide neppure che l’amica era andata in bagno, lasciando vuota la poltrona. Insomma, ultimò la brillante narrazione da sola. Quando l’amica fu tornata, ebbe compimento il paradosso. La vecchia signora disse: “So che vorresti ch’io restassi un po’ di più, ma adesso s’è fatto tardi, devo andare. Devo preparare la cena per i miei figli che presto torneranno a casa, dopo un’intera giornata al mare. Saranno affamati!”.

Detto questo, si alzò e andò via.

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