Sei laureato in filosofia? Secondo i no-euro, non puoi parlare d’economia

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Chi è laureato in filosofia non può parlare o scrivere di economia?

Secondo i no-euro, io, essendo laureato in filosofia, non posso parlare o scrivere di economia. L’orda inferocita mi si è scagliata contro su Twitter, poco dopo la pubblicazione del mio articolo “Torniamo alla lira?” su Econopoly – Il Sole 24 Ore. Il meccanismo perverso e incomprensibile, oltre che ‘sanguinario’, è quello della deduzione, una deduzione che tuttavia si rivela presto infondata e priva di alcun requisito logico-filosofico.

Quale che sia la disciplina, la deduzione può causare danni irreversibili perché alcuni individui pensano di poter sottrarre all’infinito che ci circonda e di cui siamo parte una legge per dominare gli uomini e le cose.

In parole povere, tutti coloro che mi hanno oltraggiato e sbeffeggiato sanno poco di me, quel poco che i profili in rete consentono di sapere, eppure hanno formulato delle leggi con perentoria determinazione. Chi di loro è in  grado di sapere quanto tempo io dedichi allo studio, alla ricerca e all’analisi? 

Per quale motivo al cosiddetto umanista sarebbe fatto divieto di trattare la macroeconomia? A nessuno è venuto in mente che il dottore in filosofia possa aver dedicato allo studio dell’economia tanto tempo da colmare le presunte lacune didattiche? In effetti, se si è persuasi che il certificato di laurea equivalga al conferimento di un certo potere, dopo il quale il laureato se ne può stare a braccia conserte, allora bisognerebbe ripensare al ruolo e alle competenze di…  (in ordine sparso e incompleto)

Luigi Di Maio

Laura Castelli

Matteo Salvini

Mario Pittoni

Danilo Toninelli

Dino Giarrusso

Marco Bussetti

et alii

Sotto accusa è anche il giornale che pubblica le mie analisi, Il Sole 24 Ore, definito spesso il Sola 24 Ore, il Soros 24 ore, giornale dei falliti et cetera.  Accade tuttavia qualcosa di strano in questa trama barbarica. Chiedo al mio principale oppositore, Fabio Dragoni, il cui profilo appare su La Verità, quali sono le sue pubblicazioni, vale a dire quei requisiti scientifici oggettivi in virtù dei quali posso accettare di essere giudicato e squalificato. “Io non pubblico papers, mi occupo d’altro” mi risponde. Bene!

Allora, sia chiaro! Dopo che il prof. Riccardo Puglisi o il prof Carnevale Maffè o anche l’amico – per questo non meno accreditato – prof. Beniamino Piccone o, ancora, l’amica e prof.ssa Azzurra Rinaldi mi avranno invitato a non parlare di economia, io lo farò. Se tuttavia la mia condanna arriva da Dragoni, Borghi o Bagnai,  posso esserne orgoglioso e scoprire sempre più motivi per andare avanti a testa bassa.

Mi sembra il caso di chiarire la mia posizione. Io non sono un economista. Sono un analista del linguaggio che ha approcciato l’economia – in particolare, la macroeconomia – da un punto di vista linguistico, concependo e sviluppando modelli d’analisi previsionale. È evidente che per giungere a certi protocolli d’analisi ho dovuto fare più fatica di quanta probabilmente ne hanno fatta altri con una formazione diversa dalla mia.

Il linguaggio e le sue strutture profonde ci permettono di ricostruire e riproporre alcuni fondamenti dell’economia e della finanza, scoprendo anche ciò che talora lo sguardo non trattiene. L’intera comunità potrebbe trarne grande beneficio intellettuale, se solo se ne intuisse il valore.

Com’è cominciato il linciaggio? Tutto ha preso il via dal seguente tweet di Fabio Dragoni:

Nel mio articolo, ho scritto:

Torniamo alla lira, sì! Suvvia, cimentiamoci almeno in un’ipotesi da laboratorio! Che cosa ci costa? Anzitutto, è necessario fissare un tasso di cambio. Restiamo sempre una discreta economia aperta, non possiamo mica sottrarci alla legge dei mercati. Di conseguenza, siccome siamo audaci e baldanzosi e, nell’ambito delle fantasticherie, non esistono tabù, stabiliamo un cambio fisso alla pari: una lira vale un euro e viceversa. “Che stupidaggini!” qualcuno potrebbe dire. “Se una lira vale un euro, è evidente che un euro vale una lira”. Invece, il processo non è proprio così scontato.

In sintesi, ho preso in esame un “gioco da laboratorio” di Gregory Mankiw e Mark Taylor e l’ho rielaborato alla bisogna. Nel propri tweet, Dragoni, dal mio punto di vista, commette un errore madornale: in sostanza, egli trascura che, nella mia ipotesi di laboratorio, non si può neppure lontanamente parlare di tasso di conversione, dato che il tasso di conversione non può esistere come variabile: si tratta, per così dire, di un parametro zero, altra questione, questa, su cui i signori no-euro hanno fatto sarcasmo a profusione.

Ecco la risposta di Borghi al “parametro zero”!

Ecco invece cosa scrivono Mankiw e Taylor (2015)!

Immaginate di essere il governatore della banca centrale di un piccolo paese. Insieme agli altri responsabili delle politiche economiche decidete di fissare il valore della vostra valuta – che per comodità chiameremo lev – rispetto all’euro. Da adesso in avanti un lev verrà scambiato con un euro (…) Questo significa che dovete essere disposti ad acquistare o vendere un lev in cambio di un euro in qualunque circostanza. L’offerta di moneta si adeguerà automaticamente per fare in modo che il tasso di cambio di equilibrio sia uguale a quello che avete definito come obiettivo.

Ebbene? Ciascuno di noi ha il diritto di contestare tutte le ipotesi di questo mondo, ma nessuno può permettersi di revocarne in dubbio la linearità e la scientificità.

Certe reazioni barbariche, di fatto, dimostrano che non c’è proprio l’inclinazione a maneggiare i libri e la ricerca scientifica. Pure gli studenti di economia dovrebbero sapere che, in un modello, l’autore sceglie variabili e parametri fissi. Se partiamo dal livello ‘zero’, non dobbiamo ‘convertire’ alcunché e, specie in laboratorio, possiamo liberamente, come scrivono Mankiw e Taylor, avere un tasso di cambio obiettivo. È davvero così difficile?

Ma Borghi insiste nel dire che io “non ho la minima idea di ciò di cui pretendo di parlare”

Il mio unico vero problema è questo: io non ho il seguito che hanno questi personaggi, non vado in tv né ho un ruolo in Parlamento; di conseguenza, non mi avvantaggio del fenomeno di supporto sociale incondizionato che invade barbaricamente ogni forma di dialogo. Tra le altre cose, mi sia lecito pure rendervi partecipi del livello d’interazione di cui sono stati protagonisti.

GIF à gogo!

Tutta questa ostentazione di forza ormonale è il segno dell’irresponsabilità e della mediocrità morale. Chi sa di avere un certo seguito dovrebbe per lo meno evitare l’atteggiamento clownesco.

Voglio concludere in modo paradossale e – credo – un po’ imprevedibile. Devo riconoscere loro un merito, una qualità che li rende quasi invincibili al momento. Sono numerosi e sono compatti, uniti, pronti a difendersi reciprocamente con le unghie e con i denti, quale che sia il prezzo da pagare. E chi gode d’una certa fama, come Dragoni, Borghi e Bagnai, fama meritata o immeritata – ora, non conta – non si isola nella propria dimensione di aurea irraggiungibilità, anzi va in prima linea a interagire, ritwittare e litigare con chiunque. I ‘nostri’ intellettuali non lo fanno, preferiscono sentirsi dire quanto sono bravi e compiacersene, facendosi ritwittare, sì, ma non concedendo a chicchessia il proprio retweet.

6 Replies to “Sei laureato in filosofia? Secondo i no-euro, non puoi parlare d’economia”

  1. Mi pare che le abbiano contestato che i no euro assolutamente non fisserebbero il cambio stile peso argentino-dollaro, ma solo il tasso di conversione iniziale che è arbitrario . Poi da lì a sostenere che lei non sa di cosa stia parlando ce ne corre…io ho iniziato a leggerla oggi, punti di vista non convenzionali i suoi, stimolanti. Bagnai lo vede come invasione di campo, Borghi dà per scontate molte cose….

    Ernst stavo blofeld says:
    1. Anzitutto la ringrazio per la buona educazione e lo stile; stanno diventando virtù rare e cominciano a sorprendermi. Come ho già scritto nell’articolo, non serve parlare del tasso di conversione perché il modello parte da un parametro zero, cioè da un’ipotetica fase della storia in cui non è necessario convertire alcunché. Di Borghi e Bagnai, come anche di Dragoni, non ha più senso parlare. Contestano a me i contenuti, dicendo che sono ignorante, ma non hanno mai risposto con dei contenuti. Non so… Qualche dubbio mi viene. In quanto al mio modo di scrivere e a ciò che propongo, ho SCELTO di lavorare sulle suggestioni, pur consapevole del valore di alcune congetture: congetture, sì, ma – sia chiaro! – gestite entro i limiti di una piattaforma scientifica, come posso sempre dimostrare. Lei se n’è accorto. Ne sono contento.

  2. buon natale ,visto che ha per caso o no ha messo il LEV penso che saprà che il LEV quello bulgaro è agganciato dalla fine delle cortina di ferro al Marco tedesco e in seguito all’€uro , ma a questo punto saprà anche come è possibile un simile aggancio valutario visto che l’economia bulgara solo negli ultimi anni apparentemente è in netta ripresa . Se accetta glielo ricordo , semplicemente tenendo gli stipendi fermi e lasciando aumentare il costo della vita , se 20 anni fa erano bassi ora lo sono ancora di piu , la differenza è che c’è stata una grossa emigrazione ed ora sono in piena occupazione ma nonostante questo li tengono fermi per ottenere l’aggancio valutario, la famigerata deflazione salariale , che non per nulla è presente anche in italia e negli altri paesi europei , naturalmente che in spagna ci sia una specie di norma che porta a 800€ uno stipendio base non importa a nessuno o che in francia vivano con la stessa deflazione salariale , tutti zitti eppure la produttività è solo una formula matematica e gli agganci valutari vivono con questa formula .

    tino says:
    1. Io comprendo benissimo la sua riflessione, ma il LEV è solo un caso, come ce ne sono o avrebbero potuto essercene tanti altri. Per intenderci, avrei potuto anche inventare e proporre il BUM sovrano. E inoltre, non l’ho introdotto io, ma gli autori cui faccio riferimento. Purtroppo, molti non si rendono conto che si tratta di un modello astratto, fatto di ipotesi e, ovviamente, anche di congetture. Io accetto le critiche, ma, se partiamo dal non riconoscere un metodo di lavoro, allora non c’è dialogo

  3. Ognuno può parlare di quello che vuole , tenga duro !
    Ciampi era laureato in filosofia e questo non gli ha impedito di avere grande competenza in campo economico . E che dire di Enrico Mattei ?
    Per il resto , apprendo da questo suo post , che scopro tardivamente, che lei è laureato in filosofia . Comprendo la sua libera scelta di tenere un basso profilo , ma che male c’è a riportare questo dettaglio, secondo me rilevante, anche nella sue note biografiche ? Se non erro , Lei è condirettore di un Master di 1° livello presso l’università La Sapienza , un ruolo importante e di grande responsabilità . Allora perché non dare ai lettori che la seguono qualche informazione in più sul suo curriculum formativo ? Ritengo che molti giovani potrebbero essere interessati a seguire le sue orme . Sapere dove e con chi si è formato può essere d’ispirazione a chi deve scegliere cosa e dove studiare. Il mio è solo un consiglio , in ogni caso la sua libera scelta va rispettata.

    Girolamo says:
    1. Le sono infinitamente grato per queste parole, che rigenerano il processo di studio e ricerca. Mantenere un basso profilo, per me, è un dovere esistenziale. A ogni modo, farò tesoro, di quanto mi dice. Grazie di cuore

      Francesco Mercadante says:

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